Quello che si vedeva sul banco di Irma non si poteva certo definire un buon lavoro. Anzi, nel migliore dei casi, era un vero e proprio disastro!
La maestra aveva spiegato che, usando le bottiglie di plastica, come quelle che c’entrano sulla sua cattedra, si poteva creare un cappotto, delle scarpe e perfino delle tute, da ginnastica. Tutte queste cose si potevano fabbricare con flaconi, boccette, bottiglie e così via.
Ma Irma non sembrava molto interessata alla lezione.
Non trovava molto pratica l’idea di vestirsi con bottiglie di aranciata e contentitorri di detersivo. Era sempre stata allergica alle uniformi alla moda.
“Vecchi cappotti, rocchetti di filo, bottiglie di plastica – la collezione più assurda che si possa immaginare!” Esclamò a un certo punto, e buttò tutto per terra.
Così ha inizio la storia di Irma, una bambina che non aveva nessuna voglia di stare in classe a lavorare ai progetti di riciclo creativo della maestra ma, un giorno, incontrò la giraffa Tippi, la quale le chiese di accompagnarla in un viaggio di lavoro. Curiosa come era Irma, non se lo fece chiedere due volte 🙂

Partirono per un viaggio a bordo di un tappeto di tessuto e scelsero in alcuni negozi pezzi di tessuto che portarono con se a Venezia. Qui, in una fabbrica, i pezzi di tessuto vennero mischiati a scarti di bottiglie di plastica, creando un nuovo tessuto, pronto per essere utilizzato per borse, cappelli, sciarpe ecc

Si creò un bellissimo vestito. Irma finalmente aveva capito cosa poteva nascere dagli scarti e dalla plastica. Ma questo vestito aveva prodotto nuovi scarti.
“E con tutti questi scarti, cosa possiamo farci?” chiese Irma…
Come è andata a finire non ve lo racconto 🙂 Basta acquistare questo splendido libro per leggere tutta la storia insieme ai vostri bambini e insegnare loro che niente va sprecato, tutto si può rigenerare in maniera creativa, per salvare l’ambiente 🙂
Il libro di Turbo Tippi. Clicca qui.
Volevamo raccontare una giornata “da grandi” vissuta per la prima volta. Una di quelle giornate che da bambini non capitano spesso, quando accompagniamo per caso mamma o papà sul loro posto di lavoro. Non una semplice giornata sul sedile posteriore della loro auto, bensì una giornata dove da curiosi spettatori diventiamo protagonisti, capitombolando in un’avventura fuori dall’ordinario intorno al mondo.
L’ispirazione dietro alla figura di Tippi sono state soprattutto figure femminili. Raccontate o incontrate sia nelle nostre vite private sia nelle nostre molto diverse carriere professionali. Antenate in fuga dai conflitti sud americani dell’800, trisavole, nonne, zie, titolari d’uffici postali d’inizio 900, fattrici, ostetriche di distretto durante la ricostruzione, maestre, splendide capo ufficio nella Milano degli anni 90 e 2000. Grandi punti di riferimento, sia sotto il profilo umano che lavorativo. Persone che furono e che sono soprattutto grandi “costruttrici”, con un profondo senso del “poi”, della continuità e della preservazione.
Su questo si è appoggiata l’idea di creare un personaggio che vorrebbe “volare lontano” catturando l’essenza di tutti questi personaggi reali in una fantastica giornata-viaggio di lavoro. Un viaggio che racchiude tanti mondi e illustra tante domande sul come facciamo le cose, con attenzione alle domande del “come” e del “poi”. Perché tutto quello che facciamo non può più e non deve essere una considerazione riferita solo al presente. Ciò che scegliamo di fare ha degli effetti sul presente e sul futuro; sul nostro futuro e su quello degli altri. Lo possiamo scoprire senza scordarci che dobbiamo sempre cercare la serenità, il sorriso, in un mondo dove tutti siamo solo “viaggiatori”.
Questo primo libro (Spoiler: Il progetto originale prevedeva tre avventure) si chiude con una semplice metafora: Possiamo fare molto con ciò che abbiamo già, anche se sembra di non avere più nulla. Possiamo trasformare, rigenerare, recuperare ciò che ci circonda per fare cose splendide e impensabili. Da un oggetto che ha finito il suo utilizzo, da ciò che chiamiamo scarto, avanzo, difetto, possiamo comunque ricavare qualcosa di utile. Possiamo provare felicemente che tutto ha una sua utilità, tutto si può trasformare. Noi possiamo essere artefici di questa trasformazione, con sfida alle difficoltà di ciò che incontriamo, divertendoci.
Stefano Vuga